Si è svolto oggi al Kilometro Rosso – spazio Albini_next, il convegno dedicato al tema “Quanta CO₂ indossiamo?” che ha visto protagonisti operatori del settore, industria e mondo dell’arte per condividere idee e proposte per creare abiti più sostenibili, a basso impatto ambientale. Alla base del convegno, la presentazione del progetto “0 impact” per creare un protocollo che consenta di certificare l’emissione di CO₂ di ogni capo attraverso l’identificazione di tecnologie e processi di filiera condivisi con l’industria produttiva.
I protagonisti del convegno
• LA TERZA PIUMA, Lorenzo Nava, co-ideatore del ”Progetto 0 Impact”
• ALBINI GROUP, Stefano Albini, Presidente
• EUROJERSEY, Andrea Crespi, Direttore Generale
• ICA, Irma Cavallotti, Amministratore unico
• FONDAZIONE PISTOLETTO, Olga Pirazzi, Fashion designer e consulente
• HUMANA PEOPLE TO PEOPLE, Laura Di Fluri, Key account
• LENZING, Carlo Covini, Business development Italia
• DESTRO (EUROTESSILE), Alberto Ottocento, Responsabile commerciale
Come nasce il progetto “0 impact”
“L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” è il documento adottato dai Capi di Stato in occasione del Summit sullo Sviluppo Sostenibile del 2015, che fissa gli impegni per lo sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030, individuando 17 Obiettivi (SDGs – Sustainable Development Goals) e 169 target.
Il progetto “0 Impact” è centrato sull’Obiettivo 12: Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili.
L’opportunità di accedere a dati riguardanti le emissioni di CO₂ delle singole aziende della filiera tessile, unita alla necessità di informare correttamente e in modo completo la platea di consumatrici e consumatori, ha portato all’idea di creare un’etichetta informativa che sia integrata da tutte le informazioni utili a certificare la sostenibilità del capo.
Gli interventi
Il tema della sostenibilità oggi tocca ormai un pubblico sempre più ampio nell’opinione pubblica: “Il progetto 0 impact – ha spiegato Lorenzo Nava, co-ideatore del progetto e co-fondatore de La Terza Piuma – nasce da un’esigenza concreta di un numero sempre più crescente di consumatori attenti ai temi della sostenibilità. L’idea è quella di dare vita a un’etichetta presente sui capi che certifichi l’emissione di CO2 utilizzata per produrre e gestire la logistica di quel capo. Per fare questo serve costruire una filiera strutturata che utilizzi tecnologie e un protocollo finalizzati a questo obiettivo. Noi crediamo che oggi lo scenario sia maturo per riuscire a fare squadra e dar vita a un’iniziativa di questo tipo”.
Se lo scenario appare fortemente indirizzato verso una maggiore consapevolezza bisogna fare chiarezza, tuttavia, sui contenuti: “Who made my clothes? – ha precisato Stefano Albini, presidente del Cotonificio Albini – E’ questo lo slogan simbolo della Fashion Revolution nel mondo. E’ un bisogno dei consumatori, un’esigenza sulla quale bisogna dare una riposta. Certo non è un progetto facile ma bisogna seriamente iniziare a lavorarci tenendo conto di tutti e tre i pilastri della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. Solo lavorando su tutti e tre questi fronti si può creare un’iniziativa di grande valore e impatto globale. Noi del Cotonificio Albini da anni stiamo lavorando in questa direzione e da parte nostra c’è la concreta disponibilità a valutare progetti condivisi che riguardano tutta la filiera produttiva e logistica”.
Condivisione significa anche definizione del percorso da intraprendere: “Per fornire un dato come quello del consumo di CO₂, oltre a quello di energia e acqua – ha sottolineato Andrea Crespi, direttore generale Eurojersey – occorre aver definito chiaramente quali sono le metriche, identificato ogni singolo passaggio produttivo e avere le tecnologie adatte alla misurazione. E soprattutto avere chiaro in mente che la sostenibilità non significa raccontare solo cosa fai, ma soprattutto come lo fai. Solo partendo da qui si può creare un percorso virtuoso che potrà essere riconosciuto dal mercato”.